Il cinema (dal greco antico κίνημα, -τος “movimento”) è l’insieme delle arti, delle tecniche e delle attività industriali e distributive che producono come risultato commerciale un film.
Nella sua accezione più ampia la cinematografia è l’insieme dei film che, nel loro complesso, rappresentano un’espressione artistica che spazia dalla fantasia, all’informazione, alla divulgazione del sapere.
La cinematografia viene anche definita come la settima arte, secondo la definizione coniata dal critico Ricciotto CANUDO nel 1921, quando pubblicò il manifesto La nascita della settima arte, prevedendo che la cinematografia avrebbe unito in sintesi l’estensione dello spazio e la dimensione del tempo.
Fin dalle origini, la cinematografia ha abbracciato il filone della narrativa, diventando la forma più diffusa e seguita di racconto.
L’invenzione della pellicola cinematografica risale al 1885 ad opera di George Eastman, mentre la prima ripresa cinematografica è ritenuta essere Man Walking Around a Corner, cortometraggio di 3 secondi, realizzato il 18 agosto 1887 da Louis Aimé Augustin Le Prince.
La cinematografia intesa come la proiezione in sala di una pellicola stampata, di fronte ad un pubblico pagante, nasce invece il 28 dicembre 1895, grazie ad un’invenzione dei fratelli Louis e Auguste Lumière, i quali mostrarono per la prima volta, al pubblico del Gran Cafè del Boulevard de Capucines a Parigi, un apparecchio da loro brevettato, chiamato cinématographe.
Tale apparecchio era in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di immagini distinte, impresse su una pellicola stampata con un processo fotografico, in modo da creare l’effetto del movimento.
Thomas Edison nel 1889 realizzò una cinepresa (detta Kinetograph) ed una macchina da visione (Kinetoscopio):
la prima era destinata a scattare in rapida successione una serie di fotografie su una pellicola 35 millimetri;
la seconda consentiva ad un solo spettatore per volta di osservare, tramite un visore, l’alternanza delle immagini impresse sulla pellicola.
Ai fratelli Lumière si deve comunque l’idea di proiettare la pellicola, così da consentire la visione dello spettacolo ad una moltitudine di spettatori.
Essi non intuirono il potenziale di questo strumento come mezzo per fare spettacolo, considerandolo esclusivamente a fini documentaristici, senza per questo sminuirne l’importanza, tentarono di vendere le loro macchine, limitandosi a darle in locazione.
Ciò determinò la nascita di molte imitazioni. Nello stesso periodo, Edison (negli USA) iniziò un’aspra battaglia giudiziaria per impedire l’uso, sul territorio americano, degli apparecchi francesi, rivendicando il diritto esclusivo all’uso dell’invenzione.
Dopo circa 500 cause in tribunale, il mercato sarà comunque liberalizzato. Nel 1900 i fratelli Lumière cedettero i diritti di sfruttamento della loro invenzione a Charles Pathé. Il cinematografo si diffuse così immediatamente in Europa e poi nel resto del mondo.
Nel frattempo il cinema registrò alcuni clamorosi successi di pubblico: The Great Train Robbery (1903) dell’americano Edwin Porter spopolò in tutti gli Stati Uniti, mentre il Viaggio nella luna (1902) del francese Georges Méliès, padre del cinema di finzione, ebbe un successo planetario (compresi i primi problemi con la pirateria).
Vennero sperimentati i primi effetti speciali prettamente “cinematografici”, cioè i trucchi di montaggio (da Méliès, che faceva apparire e sparire personaggi, oggetti e sfondi), le sovrimpressioni (dai registi della scuola di Brighton, ripreso dalla fotografia), lo scatto singolo (dallo spagnolo Segundo de Chomón, per animare i semplici oggetti), ecc.
Si delinearono inoltre le prime tecniche rudimentali del linguaggio cinematografico: la soggettiva (George Albert Smith), il montaggio lineare (James Williamson), il raccordo sull’asse, i movimenti di camera.
L’arte del cinema è caratterizzata da uno spettacolo proposto al pubblico sotto la forma di un film, vale a dire la registrazione di una recita di finzione denominata film a soggetto, il quale secondo la sua durata può essere suddiviso in cortometraggio (di durata non superiore a 20 minuti), mediometraggio (di durata variabile da 30 a 50 minuti) e il più diffuso lungometraggio (di durata superiore all’ora di proiezione) in forma di commedia o dramma del tutto identica alla rappresentazione teatrale ma girata, in parte o interamente, in uno studio cinematografico oppure in esterni (definiti anche “Location” secondo il termine moderno); oppure il film documentario, basato sull’osservazione della realtà.
Entrambi sono veicolati da un tramite che può essere la pellicola flessibile (formata dapprima dalla celluloide, poi dal triacetato di cellulosa e infine dal polietilene tereftalato), quindi dal nastro a banda magnetica, e infine, con l’avvento del cinema digitale, del processo della digitalizzazione attraverso il quale immagini e suoni del film vengono convertiti in dati informatici da diffondere in contenuti digitali su un supporto fisico oppure, attraverso Internet, su quello virtuale.
Tutti questi sistemi hanno come fine ultimo quello di venire letti e codificati da un meccanismo continuo e intermittente, più o meno sofisticato, che crea l’illusione ottica di un’immagine in movimento.
La divulgazione al pubblico di tale spettacolo registrato, che si differenzia perciò da tutte le altre arti performative, in origine era costituita da un’illuminazione attraverso un supporto ottico, dapprima rudimentale e poi sempre più perfezionato:
giochi di specchi, lenti ottiche, proiezione di fasci luminosi su schermi trasparenti od opachi, arrivando fino alla diffusione del segnale digitale sui televisori di ultima generazione senza lo schermo a tubo catodico, dotati di schermo al plasma o dal display a cristalli liquidi, fino al recente televisore che supporta la visione tridimensionale che però deve ancora esprimere compiutamente tutta la sua potenzialità, essendo tale tecnologia ancora agli inizi e piuttosto costosa.
È tuttora diffusa la convinzione errata che il fenomeno della persistenza delle immagini sulla retina consenta allo spettatore di avere l’illusione ottica delle immagini in movimento.
Tale fenomeno consente all’occhio di percepire come un fascio luminoso continuo ciò che, al contrario, è una rapida sequenza di lampi.
Nel cinema professionale attuale sono 48 al secondo, pari a 24 fotogrammi al secondo, vale a dire che ogni fotogramma viene illuminato due volte.
L’illusione del movimento è invece opera del cervello il quale, secondo meccanismi non ancora del tutto chiariti, riesce ad assemblare la molteplicità delle immagini che vengono trasmesse in modo unitario creando da sé medesimo l’illusione che tali immagini siano in movimento.
Secondo alcuni studi la percezione del movimento si avrebbe già con sole sei immagini al secondo, anche se ovviamente, la fluidità dell’azione risulta molto scarsa.
I primi film durante l’era del cinema muto venivano girati a circa 16 fotogrammi al secondo; lo standard dei 24 fotogrammi fu codificato solo con l’avvento del cinema sonoro, onde ottenere una velocità lineare della pellicola sufficiente per una dignitosa resa sonora della traccia.
Nel senso originale, il cinema è la proiezione al pubblico di un film su uno schermo qualsiasi.
Sin dalle origini, avveniva attraverso il proiettore in una sala cinematografica appositamente attrezzata, al chiuso durante le stagioni invernali e all’aperto durante le sessioni estive, nei nostrani Politeama che avevano posti a sedere regolamentari oppure nei Drive-in, diffusi negli Stati Uniti d’America dal 1921, ma diventati largamente popolari sin dagli anni cinquanta.
Tali particolari sale all’aperto (il termine Drive-In, tradotto letteralmente, significa “Guida-Dentro”) consistevano in proiezioni di film dove si assisteva seduti nell’automobile, sistemandosi su apposite piazzole allestite di fronte allo schermo, con a lato gli altoparlanti per l’audio:
in alcuni casi la colonna sonora del film veniva trasmessa su frequenze radiofoniche in modulazione di frequenza su cui ci si poteva sintonizzare con l’impianto stereofonico della vettura.
Con il declino della sala cinematografica la fruizione del film viene veicolata da supporti analogici (la videocassetta nei formati Betamax e VHS, utilizzata dal 1975 al 1998) o digitali (il DVD, commercializzato dal 1999, e il Blu-Ray Disc, commercializzato dal 2009) sullo schermo televisivo.
Molto presto, a partire da Charles-Émile Reynaud, nel 1892 i creatori dei film compresero che lo spettacolo proiettato migliorava sensibilmente aggiungendoci come accompagnamento una musica suonata dal vivo composta apposta per costruire l’atmosfera della storia narrata, mettendo in evidenza ogni azione rappresentata.
Si aggiungono molto rapidamente dei rumori di scena causati da un assistente nel corso di ogni proiezione, e quindi un commento alle azioni che si svolgono sullo schermo da parte di un imbonitore presente in sala.
Fin dalla sua invenzione, il cinema è diventato nel corso del tempo una cultura popolare, un intrattenimento, un’industria e un mezzo di comunicazione di massa.
Può essere inoltre utilizzato a fini pubblicitari, propagandistici, pedagogici oppure per la ricerca scientifica.
Il termine originale francese, Cinéma, è l’apocope di Cinématographe (dal greco antico κίνημα / kínēma, “movimento” e γράφειν / gráphein, “scrivere” dunque “scrivere in movimento”), il nome dato da Léon Bouly nel 1892 al suo apparecchio di proiezione, un “dispositivo reversibile della fotografia e ottica per l’analisi e la sintesi delle proposte” del quale depositò il brevetto, ma non riuscì mai a farlo funzionare. I fratelli Lumière ripresero questo appellativo.
Il padre, Antoine Lumière, avrebbe preferito che l’apparecchio inventato dai suoi figli venisse denominato Domitor, ma Louis e Auguste preferirono utilizzare il termine Cinématographe per definire con più efficacia la dinamica legata alle immagini da loro realizzate.
Tuttavia, il termine di Antoine ritornò in auge nel 1985, quando in Francia l'”Associazione Internazionale per lo sviluppo e la ricerca sul cinema delle origini” venne soprannominata con un po’ di umorismo Domitor.
La parola cinema è polisemica: può designare l’arte filmica, o le tecniche di ripresa dei filmati animati e la loro presentazione al pubblico; o ancora, per metonimia, la sala nella quale i film vengono mostrati.
È in quest’ultimo senso che il termine viene solitamente abbreviato a livello mondiale come “Cine”.
Il riferimento allo schermo di proiezione ha suggerito agli spettatori diverse espressioni legate al linguaggio cinematografico:
quelle oggettive come ad esempio, la “messa in quadro” per la ripresa di oggetti e persone in movimento; e, alla stessa maniera, soggettive come “per fare il suo cinema” (sognare di essere un realizzatore di film mentre lo si guarda può apparire un po’ troppo ottimista o addirittura patologico), “questo è il cinema” (affermazione che può apparire esagerata o menzognera) poiché sempre diverse sono le reazioni che il pubblico prova nel guardare una pellicola, a riprova della grande forza evocatrice di un film.
In ogni caso, va ricordato che l’illusione ottica di un’immagine in movimento non va confusa con il fenomeno più complesso dell’illusione filmica, vale a dire quell’esperienza particolare per cui «mentre sappiamo che stiamo vedendo solo un film, tuttavia sperimentiamo quel film come un mondo pienamente realizzato».
Se i film che si propongono di rappresentare specifiche società diverse volte non ne riflettono perfettamente la fedeltà la loro diffusione è praticamente universale, le storie che vengono raccontate sono basate il più delle volte sui grandi sentimenti a beneficio di tutta l’umanità.
Il moltiplicarsi delle sale cinematografiche, favorite dall’introduzione dei sottotitoli o dal doppiaggio dei dialoghi, è oggi diventata secondaria rispetto al livello commerciale; le vendite dei diritti di diffusione sui canali televisivi sono innumerevoli e la loro messa a disposizione nei diversi formati domestici sono diventati le principali fonti di entrate per il cinema, con risorse che si sono rivelate colossali.
Secondo uno studio effettuato dalla ABN AMRO del 2000 circa il 26% delle entrate provenivano dalla vendita dei biglietti nelle sale, il 28% provenivano dalla diffusione domestica, e il 46% invece provenivano dalle vendite nei formati domestici.
Oggi, in assenza di statistiche, si può affermare che la parte riguardante l’Home video abbia largamente superato il 50% a livello mondiale:
il che significa che attualmente la maggior parte della distribuzione dei film avviene in prevalenza in ambito privato domestico, mentre la visione collettiva del film nelle sale è diventata minoritaria nonostante una specializzazione sempre più minuziosa dei generi cinematografici che ha portato di conseguenza la tendenza di riunire più sale di varia capienza in una sola struttura creata appositamente, definita cinema multisala, che in realtà fecero la loro prima comparsa a livello quasi sperimentale in Canada nel 1957, al quale si aggiunge un rispolvero, ulteriormente perfezionato, del cinema tridimensionale.
Fonte: Wikipedia